Stanziati poco più di 20 miliardi di euro per la sanità
Il “Piano Marshall del terzo millennio” è ormai alle porte: le risorse stanziate con il Recovery Fund, ovvero il piano europeo per la ripresa economica, stanno per essere distribuite. Ad annunciarlo è la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen nel corso dell’ultima seduta plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo: “La prossima settimana la Commissione comincerà ad approvare alcuni piani nazionali per la ripresa e resilienza per l’adozione del Consiglio europeo”.
A supporto della dichiarazione della Von der Leyen, anche Valdis Dombrovskis, il vicepresidente della Commissione europea e commissario del commercio europeo, il quale ha precisato che “ci sono le ultime sfumature da limare, ma il quadro è promettente”. Via libera quindi per Italia, alla quale verranno subito somministrati subito 25 miliardi di euro nel mese di luglio, seguiranno poi Francia, Spagna, Grecia e Germania. Quest’ultima ha ufficialmente superato lo scoglio scaturito dalla presentazione di un alternativo Recovery Fund, disegnato dall’economista Bernd Lucke, fondatore del partito anti-euro e sovranista di destra tedesco AfD che ha cavalcato l’onda di un “passo indietro” generale davanti al piano europeo. Una posizione abbracciata anche da alcune frange social-democratiche del Paese. “Sono rigorosamente contro una messa in comune dei debiti”, dice Lucke riguardo il piano di ripresa europeo, rimarcando così il suo scetticismo nei confronti dell’Europa e del possibile debito post-Recovery.
“Promettente” o “Assurdo e perverso”?
“Assurdo e perverso”. E’ così che Viktor Orban, presidente del Consiglio ungherese, ha definito il Recovery Fund. Il futuro degli ungheresi all’interno del Partito dei conservatori europei (Ecr) è più che mai incerto, così come la capacità dei 750 miliardi del Next Generation Eu di risollevare l’Europa dalla crisi economica. Ma non è solo l’ “antidemocratica” Ungheria di Orban a non essere convinta della bontà del piano Ue, anche la Danimarca, l’Olanda, la Svezia, l’Irlanda, la Lituania e l’Austria, preferiscono puntare a una riforma profonda di una struttura considerata ormai già “obsoleta” da molti.
Italia, Spagna e Grecia, le “botti vecchie” dell’Europa
“Italia, Spagna e Grecia saranno i Paesi che riceveranno più contributi dal fondo”. E’ ciò che si evince da una nota della Commissione europea nella quale si legge, inoltre, che “la redistribuzione di una quota molto ampia verrà versata ai Paesi che sono stati gravemente colpiti dalla crisi e circa il 50% dei fondi andranno nelle casse degli Stati dell’Europa del Sud”. Decisione che ha fatto storcere il naso anche al tedesco e capogruppo del Ppe in Commissione problemi economici, Markus Ferber, secondo il quale si rischia “di versare vino nuovo in botti vecchie. Non sempre i i soldi riescono ad aggiustare difetti strutturali vetusti”. E’ questo il nodo su cui i Paesi “scettici” si trovano in accordo: come faranno questi Paesi, le “botti vecchie” europee a risanare il debito che dovrà essere ripagato a partire dal 2026? Dubbi sono stati suscitati anche dall’europarlamentare ed economista slovacco Eugen Jurzyca. “Se le mie previsioni si riveleranno corrette – domanda Jurzyca – la Commissione come farà fronte agli impegni? Aumentando in corso d’opera ulteriormente la pressione fiscale? […] Non tutti gli investimenti portano crescita, chi lo paga questo debito?”.
Il pericolo del debito in Italia
L’Italia, dal nuovo governo Draghi, ha uniformato l’opinione dei partiti di maggioranza, e anche di alcuni ex esponenti dell’opposizione tra i quali Forza Italia più una frangia cospicua della Lega, riguardo l’accettazione del piano. Il Next Generation Eu in Italia prevede 191,5 miliardi della Recovery and Resilience Facility, di cui 68,9 miliardi sono a fondo perduto e 122,6 miliardi in prestiti; altri 31 dal Fondo complementare non inclusi nel Recovery vero e proprio e 13,5 del programma React – Eu.
Il Piano è articolato in 6 missioni che comprendono la digitalizzazione, l’innovazione e la cultura sulle quali è previsto investire circa 50 miliardi; la transizione ecologica in cui sono annunciati circa 70 miliardi; 31 circa per le infrastrutture sostenibili; circa 33 per l’istruzione; 30 per l’inclusione sociale e poco più di 20 per la sanità.
E’ stimato che solo il 16% dei fondi previsti in Italia, sia rivolto ad affrontare obiettivi del tutto green. Dato che mette il Paese in posizione subordinata rispetto a Germania (38%), Francia (23%) e Spagna (31%). Queste stime sono state calcolate dai think tank Wuppertal Institute e E3G-Third Generation Environmentalism,nell’ambito del progetto indipendente di monitoraggio dei piani dei Paesi Ue Green Recovery tracker. Nel report viene evidenziato che, stando alle linee guida della Commissione, tutti gli Stati nei loro piani dovranno arrivare ad una quota per la transizione ecologica pari a 37 punti percentuali. Il governo Merkel è riuscito a dedicare una misura maggiore alla richiesta minima della Commissione, scegliendo di finanziare progetti già in atto, invece di puntare su nuovi. La Francia, il cui piano per il green vale 93 miliardi, devolve 8 miliardi per la riconversione energetica degli edifici che fanno diminuire consumi ed emissioni. Parallelo al piano francese è quello spagnolo che prevede 7 miliardi per la stessa operazione e altri 3,2 sui 69 stanziati per le fonti rinnovabili. E l’Italia? Ritardo ingiustificato su ambiente ed eco-sostenibilità: questo il grido d’allarme dei ricercatori nostrani. Secondo gli esperti, infatti, il Paese nel suo piano non avrebbe spinto quanto avrebbe dovuto verso “l’elettrificazione dei consumi finali di energia”.
Non solo Recovery
Oltre al Recovery, oggi l’Ue ha dato l’ok al Green pass che, dopo l’ultimo passaggio nel Parlamento europeo, prenderà il via ufficialmente a partire dal primo luglio e resterà in vigore per 12 mesi. Questo strumento fa per la mobilità delle ciò che il Next Generation Eu dovrebbe fare per la circolazione dei capitali nell’Unione. Su richiesta del Parlamento, la Commissione si è impegnata a mobilitare ulteriori 100 milioni di euro per il sostegno di emergenza in modo da consentire agli Stati membri di acquistare test Covid e altri stumenti utili ai fini del rilascio dei neonati certificati verdi.
L’Ue, al netto di riflessioni e dubbi evidenziati dai principali economisti e politici dei Paesi membri, procede quindi spedita verso il futuro, con una promessa di ripresa economica e innovazione. Ora resta da vedere se davvero sarà in grado di mantenerla.