Mascherine e distanziamento sociale nella Fase 2: l’analisi del professore Capunzo

All’interno del sistema Italia il singolo cittadino deve agire con la consapevolezza di fare parte di una struttura molto più grande in cui ogni comportamento influenza la resa dell’obiettivo finale: il contenimento della pandemia da Coronavirus. Tutti devono quindi contribuire a fare la propria parte nella Fase 2, ma in che modo e con quali strumenti? Lo abbiamo chiesto a Mario Capunzo, medico e professore di Igiene alla facoltà di Medicina dell’Università di Salerno. 

Professore, siamo ufficialmente partiti con la Fase 2: sono state programmate le aperture di numerose attività commerciali ma è giusto farlo?  

Noi dobbiamo ripartire. Per due motivi fondamentali, il primo di ordine economico e il secondo di ordine sanitario. Come Paese l’Italia non si può permettere ulteriori danni dal punto di vista economico e sociale, e l’incertezza sulla durata effettiva dell’epidemia impedisce di posticipare ulteriormente la riapertura. Riprendere le attività economiche non significa però mettere da parte il contenimento. Questa si configura quindi come una fase di convivenza con il virusOggi l’intera popolazione è chiamata ad attenersi alle norme igienico-sanitario prescritte: è importante che tutti vadano nella medesima direzione e seguano le direttive perché si continui con le riaperture. Trasgredire queste norme: uso della mascherina, distanziamento, sanificazione degli ambienti, equivale a vanificare tutti gli sforzi messi in campo. Adesso ci troviamo all’interno di un sistemqualità e i comportamenti di quelli che possono sembrare casi isolati possono determinare il fallimento del contenimento. È necessaria una presa di coscienza generalizzata. 

Quando parla di misure di prevenzione individuali che ognuno di noi può assumere, cosa intende precisamente? 

Parlo delle misure di prevenzione oggi note a tutti e di derivazione antica. Si tratta in molti casi di regole che sono state impiegate per eventi simili a quello in corso, adottate per esempio nel 1918 con l’epidemia di influenza spagnola, e che valgono ancora oggi. 

Non è raro vedere immagini d’epoca che ritraggono famiglie, in qualche caso addirittura animali domestici, con le mascherine. 

Esatto. Rappresentazioni di famiglie dell’inizio del Novecento con mascherine fatte artigianalmente. Qualsiasi strumento volto a impedire di diffondere o ricevere i droplet è utile, soprattutto in ambienti chiusi. Già da febbraio conduco una battaglia personale sulle mascherine, quando ancora l’OMS e il Ministero della Salute sostenevano che le mascherine non erano necessarie per la popolazione senza sintomi. È stato da chiaro subito invece che non era così e mi sono impegnato per favorirne l’usoSe le istituzioni avessero detto fin da subito che oltre a lavarsi le mani la mascherina era fondamentale, soprattutto nei luoghi chiusi, forse il contagio sarebbe stato arginato.  

Come mai questo tentennamento da parte delle istituzioni competenti? 

Probabilmente l’uso inizialmente è stato scoraggiato per la scarsa reperibilità del materiale e in generale di dpi. Il distanziamento sociale assume una importanza relativa, anche alla luce di studi che sembrano indicare che i droplet viaggiano ben oltre un metro, individuata dal governo come distanza sicurezza. Altra misura poco usata ma fondamentale è la  sanificazione degli ambienti chiusi. Anche a livello ospedaliero siamo tra i pochi a usare gli ozonizzatori, si tratta di sistemi che consentono di sanificare in maniera totale gli ambienti e gli oggetti, senza determinare alterazioni della merce. Con la giusta sanificazione non dobbiamo temere i droplet che, per esempio, in un negozio di abbigliamento si depositano sui tessuti 

Quanto tempo dura il virus sulle superfici? 

Non lo sappiamo ancora per certo. È stato trovato l’Rna ma non è detto che la presenza di Rna sulle superfici coincida con un virus attivo. Dalle ultime evidenze sembrerebbe che la resistenza del virus sulle superfici sia molto inferiore a quella inizialmente ipotizzata. Tutti gli studi hanno rilevato la presenza di Rna su superfici come cartone o plastica, ma non il virus vivo, condizione necessaria perché propaghi il contagio 

Quindi per riprendere le attività la mascherina è necessaria, ma quale usare? 

Sconsiglio le mascherine con valvola esterna, perché proteggono in entrata ma non in uscita, in più il filtro dopo un po’ perde efficacia. Se tutta la popolazione usasse mascherine chirurgiche, adatte alla protezione dell’altro, avremmo una protezione generale a beneficio dell’intera popolazione. Stesso discorso per le mascherine lavabili, cosiddette in “tessuto non tessuto”. Ma allo stato attuale vanno bene anche creazioni più artigianali come una sciarpa con carta forno o domo pack a coprire bocca e naso.  

La buona ripresa quindi risiede in larga parte nel comportamento dei cittadini?  

Certamente risiede nel comportamento individuale. In questo momento serve prudenza e rispetto delle norme perché c’è in ballo la salute collettiva, e la vita di ognuno di noi. In soccorso per la fase 2 ci vengono le alte temperature del periodo estivo che ostacolano la circolazione di questo tipo di virus. Inoltre il clima tipico dell’estate consente di svolgere vita all’aperto e quindi a intraprendere attività sociali meno adatte a trasmettere il contagio rispetto a quelle praticate in periodi dell’anno dove la socialità si svolge in luoghi chiusi con scarso ricambio d’aria. L’estate sembra quindi il periodo più adatto per ripartire in sicurezza ed eventualmente farci trovare pronti a una seconda ondata che alcuni esperti collocano in autunno.

 

Mario Capunzo
Professore di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Salerno