L’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarando lo stato di emergenza pandemica a causa del Coronavirus ha innescato in numerosi paesi degli improvvisi cambiamenti dello stile di vita delle popolazioni, in particolare nutrizionali. Ai profondi cambiamenti dei comportamenti sociali si sono aggiunte difficoltà socio-economiche, ripercussioni sulle famiglie, sul sistema scolastico e nella medicina generale. Lo studio An Italian Survey on Dietary Habits and Changes during the COVID-19 Lockdown ha analizzato l’impatto del lockdown sulle abitudini alimentari verificando l’aderenza alla Dieta Mediterranea della popolazione italiana e lo stile di vita adottato.
Lo strumento di questo studio è un questionario online, somministrato da aprile a maggio 2020 che ha coinvolto 1.519 partecipanti. Il lavoro è stato condotto dal gruppo del prof. Alberto Ritieni del Dipartimento di Farmacia, dalla prof.ssa Annamaria Colao del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Ateneo Federiciano nell’ambito della Cattedra UNESCO Health Education and Sustainable Development insieme a al Dipartimento di Medicina di precisione con i proff. Antonio Santonastaso, Gaetano Cotticelli e Alessandro Federico e con la prof.ssa Severina Pacifico del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche dell’Università della Campania. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nutrients 13, 1197, 2021.
I risultati dello studio
Il Medas (Mediterranean Diet Adherence Screener) basato su 14 domande a punteggio, ha evidenziato un’aderenza media alla Dieta Mediterranea nel 73,5% dei partecipanti che principalmente erano per il 95,8% del totale una popolazione di età compresa tra 18 e 30 anni (p <0,05). Per quanto riguarda le abitudini alimentari lo studio ha dimostrato che il 33,5% degli intervistati, durante il periodo pandemico, ha modificato in maniera evidente le sue abitudini nutrizionali.
In particolare, il consumo di alcol si è ridotto nell’81% dei partecipanti, mentre il consumo di alimenti congelati è aumentato dell’81,3% e verso prodotti di quarta e quinta gamma. I partecipanti dichiarano anche che l’assunzione di caffè è cresciuto nel 64,8%. Tra gli snack, la frutta era quella consumata più comunemente con il 40,2% fra i partecipanti, ma l’8% ha dichiarato di preferire dello “junk food” e infine, il 24,5% ha dichiarato di non aver mangiato snack durante il giorno. L’incremento del “cibo spazzatura” risulta essere preoccupante perché il 35% dei partecipanti ne ha aumentato il consumo del 5-20% con un 22,5% di popolazione che dichiara di averlo aumentato del 20-50%. Complessivamente, il 55,9% delle risposte conferma un aumento del consumo di cibi dolci considerati confort food che hanno svolto il ruolo consolatorio di loro pertinenza. Queste variazioni si confermano con il 58,8% dei partecipanti che mostrano un aumento del peso corporeo (40,8%, + 1–3 kg) mentre il 12,5% è aumentato dai 3 ai 7 kg e, come atteso, il 70,5% ha ridotto il tempo dedicato all’attività fisica e il 40,5% dei partecipanti addirittura non ha svolto alcuna attività fisica durante la pandemia. Occorre anche evidenziare che il 32,6% ha regolarmente fatto cinque pasti al giorno e solo il 5,8% dei partecipanti ha dichiarato di avere consumato solo due pasti a giorno (pranzo e cena). Tuttavia, il 69,8% dei partecipanti ha consumato regolarmente la colazione e solo il 3,4% ha dichiarato di averla completamente eliminata. È anche interessante osservare che durante il lockdown ben il 47,1% ha riscoperto la cottura in forno e l’arte bianca mentre chi preferisce la frittura come metodo di cottura si limita al 2,4%. Infine, si è osservato che il 33,1% dei partecipanti ha dichiarato di consumare meno di 1 litro di acqua al giorno, e l’88,8% preferisce acqua naturale, e addirittura il 4% consuma meno di 500 mL di acqua al giorno senza che si osservi un aumento del consumo di succhi di frutta.
“In conclusione – spiegano gli autori dello studio – il questionario si è dimostrato uno strumento valido e adatto per valutare, monitorare e registrare i cambiamenti dello stile di vita dei partecipanti durante la pandemia COVID. Naturalmente, ci sono dei limiti intriseci dello strumento dovuti alla sua rappresentatività di una parte della popolazione, soprattutto quella con maggiore accesso alle tecnologie informatiche. D’altro canto, rendono chiaro che ulteriori indagini sono utili per monitorare i cambiamenti dello stile di vita specie nutrizionali durante questi periodi di emergenza per dare suggerimenti e consigli dietetici utili alla popolazione così da affrontare al meglio la fine dell’attuale periodo pandemico”.