Prof Gentile, come procede la ricerca nel campo delle malattie infettive?
Le Malattie Infettive sono un settore estremamente dinamico ed in continua evoluzione. Abbiamo molti “fronti di guerra” aperti contro i patogeni. Il vantaggio che noi infettivologi abbiamo rispetto ad altre branche, e che ci aiuta non poco nella ricerca e nell’assistenza ai pazienti, è il “conoscere” il nostro nemico. Più lo conosciamo e meglio possiamo curare gli ammalati nella pratica clinica quotidiana. Spesso utilizzo il termine di “Medicina di Precisione” in Malattie Infettive. Faccio degli esempi.
Uno dei grossi problemi che riguardano le Malattie Infettive riguarda la crescente insorgenza di batteri resistenti agli antibiotici; essi sono quasi la regola nelle infezioni nosocomiali, cioè nelle infezioni che i pazienti contraggono in ospedale. Bene, ciò che rende unica la antibioticoterapia è che qualsiasi utilizzo di antibiotici (specie se improprio) non rischia solo di creare danni al singolo paziente (come ad esempio un evento avverso), ma crea un danno “ecologico”, cioè stimola la selezione di germi resistenti a quello o ad altri antibiotici, creando quindi un effetto negativo su tutta la società, sui nostri figli, anche sulle persone non ancora nate! Ritengo che la terapia antibiotica vada quindi oggi completamente ripensata. Gli antibiotici vivono quella che io definisco un’era di transizione da un periodo nel quale essi sono stati impiegati in maniera grossolana ed empirica, perché finivano per funzionare sempre e con pochi eventi avversi, ad un’era prettamente di precisione. Prima ci si rende conto che l’a
ppropriatezza prescrittiva degli antibiotici è essenziale meno danni faremo al genere umano. Per far comprendere meglio questo concetto, paragono spesso l’utilizzo di terapie antibiotiche incongrue ed eccessive a riversare petrolio nel mare!
Vi sono tantissimi altri problemi aperti in Malattie Infettive. Sento molto il problema delle vaccinazioni e non solo nei bambini, ma anche nella popolazione adulta. Esistono vaccinazioni estremamente efficaci e sicure come quella anti-pneumococco o anti-Herpes Zoster che hanno la capacità di salvare molte vite e ridurre le conseguenze drammatiche delle malattie. Esse però sono poco effettuate negli adulti. Molti pazienti con età > 65 anni o con varie comorbidità dovrebbero essere vaccinati, ma i tassi di copertura sono ancora estremamente bassi in queste categorie. Vaccinare di più vuol dire assicurare maggiore sopravvivenza e qualità di vita, ma anche risparmiare risorse economiche. Vi sono inoltre dati crescenti che indicano che le vaccinazioni possono essere un’utile arma proprio nel limitare il consumo di antibiotici. Quando sento che le persone hanno paura dei vaccini o di cosa è contenuto in essi, rispondo che i vaccini sono tra i farmaci più sicuri e testati. Noto che non ci si pone la stessa domanda quando si assume un antidolorifico e, ritengo, semplicemente perché in quel momento si sta male, ma i vantaggi delle vaccinazioni sono immensi.
Quali quelle in cui si sono fatti i maggiori passi avanti?
Mi viene in mente il caso dell’epatite cronica C, per la cui terapia abbiamo da alcuni anni dei farmaci eccezionali che portano a guarigione dall’infezione in circa il 100% dei pazienti trattati in 2-3 mesi con un profilo di sicurezza e tollerabilità eccellente. Dati di real-life che noi stessi abbiamo prodotto confermano che anche in caso di malattia avanzata (per esempio cirrosi epatica scompensata) l’efficacia è eccellente e la terapia garantisce anche il compenso della malattia. Inoltre, trattare un soggetto con infezione da HCV vuol dire anche evitare che questo possa trasmettere il virus ad altre persone. In altre parole, trattare l’infezione nel singolo, a patto che si lavori sul sommerso (cioè nello scovare i soggetti infetti che non sono a conoscenza di esserlo) assicura un controllo dell’infezione a livello di popolazione che nel lungo termine potrebbe determinare una eliminazione della stessa.
Anche sul versante delle terapie antibiotiche, dopo un periodo di stasi, disponiamo da alcuni anni di armi nuove e assai potenti che ci aiutano nella nostra battaglia quotidiana contro i batteri. Basti pensare che si stima che circa 6 milioni all’anno di persone muoiono ogni anno di sepsi, in parte a causa di batteri multi-resistenti. Abbiamo dei nuovi antibiotici che ci stanno aiutando nella terapia di tali infezioni, ma il pericolo è di usarli male e quindi perdere anche queste armi. Risulta quindi centrale il ruolo dell’infettivologo che deve supervisionare costantemente l’utilizzo di queste preziose armi per evitarne cattivi usi ed abusi.
L’HIV: da poco si è celebrata la giornata mondiale di contrasto all’AIDS. A che punto siamo dal punto di vista della ricerca e della cura?
Diciamo subito che al contrario dell’epatite C, per HIV non vi è una cura che eradica l’infezione, ma disponiamo di farmaci che se assunti costantemente azzerano la carica virale ed assicurano una qualità di vita ottimale. Pensi che se il soggetto con infezione da HIV non giunge da noi in fase avanzata, la sua sopravvivenza è uguale a quella di un pari età sieronegativo. Il problema spesso è proprio quello: si fa poco sia per prevenire le nuove infezioni che per diagnosticarle precocemente. Si è abbassata la soglia di allarme verso HIV (così come verso altre patologie trasmesse sessualmente), per cui ogni anno alcune migliaia di soggetti scoprono di avere l’infezione. Inoltre, molti soggetti giungono alla nostra osservazione già in fase avanzata. Ciò a volte rende i nostri sforzi vani. Vanno quindi potenziate le campagne di prevenzione dell’infezione ed è altresì cruciale intercettare le persone infette il prima possibile in modo da poterli trattare. Ciò consente di ottenere eccellenti risultati per il singolo, ma anche di impedire la diffusione dell’infezione ai suoi contatti.
Una delle più belle recenti conquiste della comunità scientifica è il concetto di U=U, vale a dire Undetectable = Untrasmittable. Vale a dire che un soggetto con infezione da HIV che sotto terapia ha una carica virale non determinabile per almeno 6 mesi non può trasmettere l’infezione. Tale affermazione, che scaturisce da studi rigorosi, consente di poter trasmettere un messaggio di tranquillità ai nostri pazienti che possono vivere una vita sociale assolutamente piena.
C’è qualche progetto o percorso innovativo che vuole raccontarci?
Siamo impegnati su tanti progetti. Due su tutti mi stanno a cuore.
Uno è il lancio di una app per smartphone, scaricabile gratuitamente e senza alcuna pubblicità, che si chiama ScreenAPP. ScreenAPP nasce dall’esigenza di fornire alle persone uno strumento validato per poter conoscere, sulla base di poche e semplici domande, se è a rischio di patologie come l’infezione da HIV, o i virus dell’epatite C (HCV) o B (HBV). Se le domande rilevano un rischio di tali infezioni, il soggetto riceve il consiglio di eseguire uno o più test e può ricevere anche i recapiti del centro più vicino dove eseguirli. SceenAPP fornisce anche informazioni utili per conoscere meglio il mondo dell’infezione da HIV ed i consigli, tutti basati su solide basi scientifiche, sono veicolati in modo semplice, anche in forma di gioco in modo da poter arrivare a più persone possibili. Ci auguriamo con questo semplice strumento di portare le persone a prevenire comportamenti a rischio ed a eseguire i test specifici in modo da arrivare precocemente ad una diagnosi.
Un altro progetto che stiamo conducendo nella AOU Federico II è quello della Antimicrobial Stewardship cioè il “governo” e la gestione delle terapie antibiotiche verso un uso saggio ed appropriato. Premetto che la Regione Campania presenta il record nazionale per consumo pro-capite di antibiotici e ciò condiziona un record anche nei ceppi resistenti a questi. Ebbene, nei reparti dove abbiamo iniziato il programma (Rianimazione e Medicina Interna) stiamo osservando una riduzione del consumo di antibiotici e stiamo al momento anche elaborando i dati sui tassi di isolati resistenti agli antibiotici. Ci auguriamo di poter estendere il programma in altre strutture.
Insomma, Professore, davvero tanta carne a cuocere
Speriamo di mangiare l’arrosto presto allora, così facciamo in tempo a metterne a cuocere altri!
Pasquale Riccio
Ivan Gentile è professore Associato di Malattie Infettive presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e Responsabile del Programma Interdipartimentale di Stewardship Antimicrobica presso la AOU Federico II. E’ autore di numerosi studi e pubblicazioni su riviste peer-reviewed Relatore a numerosi Convegni Nazionali ed Internazionali sulle Malattie Infettive. E’ associate Editor per BMC Infectious Diseases e guest Referee per diverse riviste come “Lancet Infectious Diseases”, “Gut”, “Cochrane Database of Systematic Reviews”, etc. Ha ricevuto numerosi premi per attività di ricerca scientifica. Revisore per il finanziamento di progetti del “Medical Research Council” (UK), “Dutch Health Care Research Organization” (Olanda) e per la “Agency for Health Quality and Assessment of Catalonia” (Spagna) per la “26th TV3 Marathon on Infectious Diseases”. Fa parte dello staff della Cattedra Unesco “Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile” la cui responsabile è la prof.ssa Annamaria Colao.