La ricerca condotta dall’Azienda ospedaliero-universitaria Pisana
L’assunzione a dosi comuni di desametasone, un farmaco cortisonico molto diffuso, può ridurre l’entrata dell’ormone tiroideo nel sistema nervoso centrale e quindi anche nel tessuto cerebrale fetale, con conseguenze dannose sulla salute del nascituro.
Lo rileva uno studio condotto dall’Azienda ospedaliero universitaria Pisana (Aoup).
Lo studio, spiega una nota, è stato pubblicato sul Journal of endocrinological investigation dalla dottoressa Caterina Di Cosmo, del gruppo di ricerca coordinato dal professore Massimo Tonacchera dell’Unità operativa di Endocrinologia 1, nell’ambito di una serie di progetti sull’effetto di farmaci e contaminanti ambientali sulla salute dell’uomo e, nello specifico, sulle ghiandole endocrine.
In particolare, il desametasone ha mostrato in vitro la capacità di ridurre in modo significativo la captazione dell’ormone tiroideo all’interno di cellule che esprimono un trasportatore di membrana denominato Mct8. L’importanza clinica del Mct8 è sottolineata dall’associazione dei suoi difetti genetici con la sindrome di Allan-Herndon-Dudley, caratterizzata da grave ritardo psicomotorio. “E’ stato osservato – spiega Di Cosmo – che il desametasone può ridurre l’entrata dell’ormone tiroideo nel sistema nervoso centrale mediato dal Mct8, mentre la stessa cosa non si verifica con altri cortisonici come idrocortisone, prednisone, prednisolone”.
Per Tonacchera “questo effetto può avere maggiori implicazioni in gravidanza, dove una corretta azione dell’ormone tiroideo è invece indispensabile per il normale sviluppo cerebrale del feto”. Di Cosmo aggiunge che “la grande novità introdotta dal nostro studio è che parte di questi effetti dannosi potrebbero essere causati o potenziati da una riduzione dell’ingresso e quindi dell’azione benefica dell’ormone tiroideo nel tessuto cerebrale fetale. Ecco perché suggeriamo di fare attenzione all’uso di questo farmaco soprattutto durante alcune fasi delicate della vita come la gravidanza”.