I PFAS (Sostanze perfluoroalchiliche) giocano un ruolo nello sviluppo di diverse patologie che interessano uomini e donne.
Nel corso del seminario online Esposizione a PFAS e manifestazioni cliniche: quali evidenze scientifiche e ruolo del medico del territorio promosso dalla Fondazione Foresta, in collaborazione con l’Università di Padova e l’Ordine dei Medici di Vicenza sono stati proposti suggerimenti sanitari allo scopo di prevenire le patologie più comuni causate dall’esposizione ai PFAS.
Effetti dell’esposizione
Inquinanti industriali come PFAS agiscono sul sistema endocrino-riproduttivo sia maschile che femminile e sullo sviluppo dell’embrione, del feto e dei nati, sul metabolismo fosfo-calcico e sul sistema emo-coagulativo. Un quadro di rischio ben delineato nel corso del seminario.
In particolare, il gruppo di ricerca diretto dal professore dell’Università di Padova, Carlo Foresta, in collaborazione con il dottor Di Nisio, hanno evidenziato come i PFAS, agendo come interferenti endocrini, possano bloccare l’azione del testosterone inibendone la fertilità e causando importanti cambiamenti antropometrici anche in soggetti molto giovani.
Arti sproporzionati rispetto al tronco, riduzione della lunghezza del pene, riduzione del volume dei testicoli e conseguente riduzione della quantità e qualità degli spermatozoi, gli effetti osservati nei pazienti esposti all’azione anti-androgenica dei PFAS. I trentenni che sono quelli più a rischio di sviluppare il tumore ai testicoli, soprattutto se a lungo in contatto con falde acquifere inquinate.
Non si tratta di linee guida, ma di buone pratiche che il medico di base può mettere in atto in una zona fortemente interessata dalla presenza dei PFAS come alcune aree del Veneto. Nella provincia di Vicenza, esiste una vera e propria emergenza PFAS, per la quale si è resa necessaria l’istituzione di un commissario delegato dal Governo per la realizzazione delle opere anti-PFAS.
Come osservato nel caso degli ormoni maschili, i PFAS hanno un effetto analogo anche sugli ormoni femminili, e in particolar modo sul progesterone. Il risultato della prolungata esposizione ai PFAS nelle donne si sostanzia nell’aumento della probabilità di avere più aborti. In questo caso i PFAS agiscono attraverso il blocco del sistema endometriale che consente l’attecchimento dell’embrione.
Un segnale d’allarme per le giovani donne, oltre alla prossimità a luoghi interessati da una forte industrializzazione, è il ritardo nell’età della prima mestruazione e l’irregolarità del ciclo mestruale. Caratteristiche emerse con frequenza nella popolazione femminile delle aree ad alta concentrazione di PFAS.
Foresta ha anche osservato l’impatto che questo tipo di interferenze hanno sullo sviluppo embrionale e sulla salute del neonato, oltre che del feto. Tra i problemi più comuni riscontrati: basso peso alla nascita e nascite premature.
Anche le ossa non sfuggono all’azione degli inquinanti ambientali. Riduzione della massa ossea è stata osservata dal gruppo di ricerca retto sa Foresta sia nelle donne e che negli uomini esposti ai PFAS. Il meccanismo con il quale avviene la riduzione ossea, rilevata anche in soggetti di età inferiore ai 18 anni, agisce attraverso l’inibizione del recettore per la vitamina D. Questo ormone steroideo normalmente stimola il riassorbimento intestinale del calcio, a favore di un’azione anabolica sull’osso, ma a fronte di elevati livelli di PFAS la risposta del recettore si riduce, cagionando una minore mineralizzazione ossea.
La risposta in sinergia con l’UNESCO
Allo scopo di approfondire le dinamiche che intercorrono tra salute e ambiente è stato siglato un accordo tra la Fondazione Foresta e la Cattedra Unesco di Educazione alla salute ed allo sviluppo sostenibile. Carlo Foresta e Annamaria Colao, recentemente isignita del Geoffrey Harris Award, si sono impegnati in una collaborazione duratura volta a studiare l’impatto degli inquinanti sull’uomo. Una sinergia virtuosa che lega insieme le realtà di Padova e di Napoli.
Il ruolo del medico di medicina generale
Con l’emergenza sanitaria in atto si è riscoperto il valore del rapporto medico-paziente. Non solo sanità digitale e ICT per il monitoraggio dei pazienti, grande importanza assume la domiciliazione delle cure che oggi passa soprattutto per il medico di famiglia. Se solo pochi anni fa era stata ipotizzata addirittura la soppressione di questa figura, adesso si è incrementato il valore della medicina territoriale potenziandone il ruolo e istituendo anche dell’infermiere di famiglia. La conoscenza del territorio e della sua popolazione è di grande importanza per monitorare il rapporto tra salute e ambiente. In particolare, in un contesto come quello in cui si sviluppano i PFAS, fortemente legati al territorio, il medico di famiglia risulta una presenza fondamentale per cogliere precocemente i segni clinici soprattutto nei giovani maschi, come suggerito dal dottore Enrico Ioverno nel corso del convegno con promosso dalla Fondazione Foresta.
La Fondazione Foresta, nata con lo scopo di promuovere la ricerca scientifica attraverso il lavoro di giovani ricercatori meritevoli ha proposto, insieme agli esperti presenti al seminario le azioni per individuare precocemente, la carenza di vitamina D attraverso l’attivo controllo da parte proprio dei medici del territorio. Attraverso il dosaggio della vitamina D circolante, è così possibile isolare immediatamente situazioni di ipovitaminosi D nella popolazione esposta ai PFAS, suggerendo l’integrazione farmacologica con vitamina D.
Conclusioni
Una vera soluzione al problema di questi e simili inquinanti ambientali va cercata non al momento dell’insorgere della patologia, quando i PFAS hanno già lasciato traccia nell’organismo, ma molto prima. Per i partecipanti al convegno promosso da Foresta e dalla sua Fondzione appare evidente l’urgenza di ricerche che indaghino sui meccanismi di eliminazione di queste sostanze dall’organismo. I PFAS sono infatti molto tenaci e possono ritrovarsi in elevata concentrazione anche ad anni di distanza dal momento dell’esposizione all’inquinamento.