Il farmaco non sarà comunque rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale
Sì all’idrossiclorochina per curare il Covid-19, con prescrizione di un medico. La III Sezione del Consiglio di Stato, presidente Franco Frattini, ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici e ha sospeso la nota del 22 luglio scorso di Aifa che vietava la prescrizione off label, (ossia per un uso non previsto dal bugiardino), dell’idrossiclorochina, per la lotta al Coronavirus.
L’idrossiclorochina è un farmaco utilizzato nel trattamento della malaria e di alcune malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso discoide e disseminato. Il suo uso off-label è stato consentito nelle prime fasi della pandemia.
Il parere del Consiglio di Stato
Nell’ordinanza si legge che “la perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati, non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti”.
La scelta se utilizzare o meno il farmaco, quindi, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, si stabilisce, “deve essere dunque rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico”, “in scienza e coscienza” e con l’ovvio consenso informato del paziente e il monitoraggio costante e attento del medico che lo ha prescritto. Il farmaco resta comunque escluso dalla rimborsabilità del Sistema Sanitario nazionale.
I medici sono stati rappresentati dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino, fondatori del Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid-19 che hanno commentato così: “E’ stata restituita una giusta opportunità di cura agli italiani, tenendo conto delle evidenze dei territori, quei territori che io ho collegato attraverso gruppi Facebook da marzo, collegando medici che usavano in fase precoce idrossiclorochina con successo. Questo significa rispettare la professione medica esercitata in scienza e coscienza”.
Discordia all’interno della comunità scientifica
“Torniamo a disporre di un’arma che può essere impiegata nella lotta al Covid-19, soprattutto sul fronte del trattamento precoce della malattia, attraverso i protocolli di cura domiciliare, fondamentali per evitare il più possibile l’ospedalizzazione dei pazienti”. Cosi il coordinatore nazionale della Commissione Salute, Luigi Genesio Icardi, ha accolto la sentenza del Consiglio di Stato. Le istanze dei medici sull’idrossiclorochina erano state più volte portate dall’assessore piemontese Icardi all’attenzione della Commissione Salute, con l’audizione dei vertici dell’Aifa per fare chiarezza sull’utilizzo del farmaco.
Icardi aveva portato ad esempio l’esperienza del distretto Acqui Ovada, dell’Asl di Alessandria, che dal 18 marzo al 30 aprile aveva preso in carico e seguito a casa, precocemente, attraverso il protocollo “Covi a casa” della dottoressa Paola Varese che prevedeva l’utilizzo dell’idrossiclorochina, 340 pazienti, con una drastica riduzione dei ricoveri, in controtendenza con i dati della stessa provincia, tra le piu’ colpite del Piemonte. Su 340 pazienti, infatti, si sono avuti 22 ricoveri e 9 decessi, numeri dolorosi, ma nettamente inferiori agli attesi in base ai dati epidemiologici.
I dati piemontesi sono stati peraltro confrontati con esperienze di altri medici di Lombardia, Emilia Romagna e Friuli, con una straordinaria concordanza di risultati.
Ma non sono mancati anche i pareri negativi nei confronti della decisione del Consigli di Stato. Tra questi anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che su Twitter parlando dell’idrossiclorochina ha scritto: “Le evidenze confermano che il profilo rischio-beneficio nella Covid-19 è sfavorevole, le linee guida e le autorità sanitarie raccomandano contro il suo utilizzo, il Consiglio di Stato sovverte la scienza”.
Gli studi che arrivano a queste stesse conclusioni sono circa una decina. Anche il responsabile della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, pochi giorni fa su Facebook ha espresso parere contrario per l’uso off label: “Questo farmaco non solo non serve, ma ha molti effetti collaterali”.
Di recente anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato uno studio in cui “boccia” l’utilizzo dell’idrossiclorochina per i pazienti Covid-19, definendone l’impiego “inutile”.
Perché l’Aifa e l’Ema hanno bocciato l’idrossiclorochina
All’inizio della pandemia il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha decantato i presunti effetti dell’idrossiclorochina contro Covid-19, attirando l’attenzione globale sul farmaco. Tuttavia, con il passare dei mesi, l’entusiasmo verso l’idrossiclorochina ha iniziato a scemare. Diversi studi hanno infatti suggerito che i suoi effetti contro il Covid-19 sono minimi, nulli o addirittura dannosi per la salute.
Lo scorso luglio, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo di idrossiclorochina “per il trattamento dell’infezione da Sars-CoV-2, al di fuori degli studi clinici, sia in ambito ospedaliero che in ambito domiciliare”, in attesa di ottenere prove più solide dagli studi clinici in corso in Italia e in altri Paesi. In quell’occasione, l’Aifa ha sottolineato che “non sussistono elementi concreti che possano modificare la valutazione del rapporto rischio/beneficio per le indicazioni già autorizzate per idrossiclorochina e clorochina (incluse artrite reumatoide in fase attiva e cronica, e lupus eritematoso discoide e disseminato)”. Decisione, questa, contro la quale poi un gruppo di medici ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, vincendolo oggi. Ci sarebbero alcuni studi, in effetti, che continuano a incoraggiare l’uso dell’Idrossiclorochina. Ma a preoccupare non è solo la scarsità degli effetti anti-covid, ma i presunti “eventi avversi”.
Il 30 novembre scorso l’Ema, l’agenzia europea che regolamenta i farmaci, ha pubblicato una nota in cui afferma che “a seguito di una revisione dei dati sono emersi 6 casi di disturbi psichiatrici in pazienti Covid a cui erano state somministrate dosi di Idrossiclorochina superiori a quelle autorizzate”.
Attualmente sono in corso altri studi che presto potrebbero, si spera, sciogliere ogni dubbio.