Con il lockdown il rapporto tra cittadino-Stato si è fatto sempre più in bilico
“I recenti fenomeni di protesta in molti Paesi sono il segnale di come la pandemia stia minacciando la già delicata relazione fra i cittadini e lo Stato”. A rivelarlo è uno studio dell’Istituto di ricerca sulla pace di Oslo pubblicato sulla rivista Psychological Science. “La pandemia ha distrutto il nostro normale modo di vivere, generando frustrazione, esclusione sociale e molte altre preoccupazioni”. E’ quanto dichiara Henrikas Bartusevicius, coautrice dello studio. “La nostra ricerca – prosegue – mostra che il carico psicologico di vivere in una pandemia ha alimentato anche gli atteggiamenti antigovernativi e anti-sistema, che hanno scatenato violenze in diversi Paesi”. Il gruppo guidato da Bartusevicius ha intervistato 6000 adulti abitanti negli Stati Uniti, Danimarca, Italia e Ungheria chiedendogli se e come la pandemia avesse influito negativamente sulle loro finanze, salute, relazioni e diritti, se si sentivano insoddisfatti della loro societa’ e governo, e motivati a impegnarsi o se avevano gia’ protestato o partecipato a violenze politiche. E’ così emerso un impressionate legame tra il carico psicologico del Covid e sentimenti e comportamenti altamente distruttivi, incluso l’uso della violenza (ingiustificato) per una causa politica. Sorprendentemente, dallo studio è emerso che gli intervistati non siano avvezzi nel manifestare in maniera pacifica, preferendo invece lo scontro e il disordine generale. “Siamo rimasti sorpresi nel vedere che il peso della pandemia non necessita di ulteriori inneschi per motivare la violenza politica, e’ sufficiente da solo”. La ricerca ha rilevato che negli Stati Uniti, chi ha vissuto il carico maggiore della pandemia e’ stato ancora più propenso e coinvolto a partecipare alle violenze durante le proteste del movimento Black Lives Matter e le controproteste. Lo studio ha evidenziato che in Danimarca c’e’ stato il carico piu’ basso del Covid e in Ungheria quello piu’ alto. Secondo i ricercatori “la pandemia e i lockdown hanno colpito in modo disuguale altri gruppi sociali, producendo la sensazione di rabbia e ingiustizia che puo’ essere diretta contro i governi”.
La protesta degli ultimissimi giorni in Inghilterra – prontamente soffocata dalle autorità – nel Sud-Ovest di Londra, sotto uno degli studi della Bbc, secondo cui l’emittente che “non diffonderebbe informazioni corrette” ha proseguito un trend, una nuova (e insolita, nell’ultimo decennio) abitudine nel riversarsi per le strade quantomeno per far sentire la propria voce, che sia di sdegno o disapprovazione o di compiacimento. Dopo le manifestazione per l’ambiente, insignite con lo slogan FridayForFuture e le proteste per una miglior giustizia sociale in America, ad oggi le manifestazioni sono a tema Covid e in opposizione alle ultime normative varate dai diversi Stati, soprattutto per il Green Pass. A fare da apripista è stata la Francia che, un po’ per spirito e un po’ perché è stato il Parlamento francese il primo a varare l’obbligo del pass sanitaire anche all’interno dei confini nazionali francesi, vede riempirsi periodicamente le strade delle città di sostenitori “anti-pass”. Ancora timide invece le opposizioni in Germania, dove lo sviluppo di un pass tedesco è ancora in via di sviluppo. Obiettivo della classe dirigente sarà quindi quello di riacquistare anzitutto credibilità e fiducia agli occhi degli elettori e del singolo cittadino che dovrà sentirsi socialmente più coinvolto e meno scettico nei confronti della “Cosa pubblica”.