Lo studio è stato condotto dagli esperti dell’Università di Catania
La pandemia da Covid-19 che condiziona le nostre vite da oltre un anno e mezzo, pone medici e popolazione generale dinnanzi a tanti quesiti. Oltre alle problematiche più strettamente legate agli aspetti respiratori e infiammatori sistemici potenzialmente letali, ne emergono progressivamente altre che riguardano le conseguenze a medio e lungo termine. Nell’ambito delle patologie endocrine, largamente valutate dalla letteratura scientifica (diabete mellito; alterazioni della funzione ipofisaria, surrenalica e tiroidea), un aspetto non trascurabile riguarda le potenziali ricadute che il virus può esercitare sulla fertilità maschile. Vediamo di fare chiarezza su questo argomento. Quali sono gli interrogativi più frequenti che i pazienti pongono allo specialista? Li riassumiamo in cinque principali punti:
- Il SARS-CoV2 è presente nel seme?
- Il SARS-CoV2 può trasmettersi per via sessuale?
- L’infezione da SARS-CoV2 peggiora la qualità del seme?
- L’infezione da SARS-CoV2 condiziona i programmi di fecondazione in vitro?
- La vaccinazione ha effetti sulla qualità seminale?
Il SARS-CoV2 è presente nel seme? Può trasmettersi per via sessuale?
Nello studio realizzato dal gruppo coordinato dalla Prof.ssa Paoli dell’Università Roma La Sapienza (pubblicato su Journal of Endocrinological Investigation nel mese di Aprile 202 1) la presenza del virus è stata valutata nel seme in toto, nel plasma seminale e su pellet (tre distinte frazioni). Come controllo positivo, è stata impiegata una aliquota di liquido seminale di un donatore sano, a cui sono state aggiunte diluizioni seriali di SARS-CoV2. La presenza del virus nel controllo positivo è stata valutata sulle tre frazioni. Lo studio riguardava pazienti guariti dal COVID-19 e pazienti affetti da una forma lieve. La RT-PCR (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction) si è mostrata capace di identificare il virus nei controlli positivi. I campioni dei pazienti analizzati erano negativi per il SARS-CoV2 indipendentemente dal risultato del tampone naso-faringeo o dalla frazione analizzata. Questo studio fornisce anche un riassunto in Tabella 4 (subito di seguito), di tutti i principali studi fino adesso realizzati con lo stesso obiettivo e la stessa metodica, evidenziando che solamente in 7 su 341 casi esaminati il virus sia stato indentificato nel liquido seminale. Nel dettaglio, 6 di questi 7 casi riguardano un solo studio (di cui 4 pazienti con infezione in fase acuta). La letteratura del settore ha interpretato questo dato come possibile falso positivo (contaminazione del campione con goccioline provenienti dall’apparato respiratorio; basso limite di rilevazione della PCR, capace di rilevare piccolissime quantità del virus). Nei fatti, sul piano metodologico sono state espresse molte perplessità riguardo aspetti tecnici della PCR impiegata, quali: limite di rilevabilità, geni targets impiegati, cycle treshold, valori di positività. Il lavoro al quale facciamo riferimento è il seguente: Li D, Jin M, Bao P, Zhao W, Zhang S. Clinicalcharacteristics and results of sementestsamong men with coronavirus disease 2019. JAMA Netw Open 2020;3.
Tabella tratta dall’articolo: Paoli D, Pallotti F, Nigro G, Mazzuti L, Hirsch MN, Valli MB, Colangelo S, Mastroianni CM, Antonelli G, Lenzi A, Turriziani O, Lombardo F. Molecular diagnosis of SARS-CoV-2 in seminal fluid. J EndocrinolInvest. 2021 Apr 30:1-10.
L’infezione da SARS-CoV2 peggiora la qualità del seme?
Uno studio condotto da Holtmann e collaboratori (Assessment of SARS-CoV-2 in human semen-a cohort study. FertilSteril. 2020) ha comparato i parametri spermatici di 20 pazienti affetti da infezioni da SARS-COV2 e 14 volontari sani evidenziando una significativa riduzione di concentrazione spermatica, numero totale e numero totale di spermatozoi mobili nei pazienti con infezione moderata rispetto sia ai controlli sia ai pazienti con infezione lieve.
Un gruppo di ricercatori della New York University School of Medicine, ha esaminato le alterazioni morfologiche presenti nel tessuto testicolare autoptico di 10 pazienti deceduti per infezione da SARS-COV2. La ricerca del virus nel tessuto testicolare è risultata negativa in tutti i pazienti. In 7 dei campioni esaminati sono state rilevate alterazioni morfologiche attribuibili allo stress ossidativo, a diversi stadi della differenziazione spermatocitaria. Le alterazioni erano sovrapponibili a quelle evidenziate nel campione di tessuto di un paziente sottoposto ad orchiectomia per carcinoma testicolare. Nei casi con decorso più lungo sono stati osservati la perdita completa di massa cellulare intratubulare e l’ispessimento del basamento tubulare, mentre in due casi è emersa la presenza di microtrombi multifocali e in un caso si è osservato un aumento dell’infiltrato infiammatorio mononucleato simil-orchitico. Tali rilievi sono stati comparati con quelli ottenuti da tessuto autoptico di 7 pazienti che presentavano le stesse comorbidità del primo gruppo ma negativi per infezione da SARS-COV2. I risultati hanno mostrato come le alterazioni presenti nel gruppo di controllo fossero riconducibili a processi di tipo cronico mentre quelle del gruppo COVID erano compatibili con flogosi “acute”. Alterazioni analoghe sono state evidenziate in tessuti bioptici prelevati da testicoli di pazienti con infezione da SARS-COV2. Poiché il virus non è stato rilevato nel tessuto testicolare, appare evidente che il danno testicolare non è virus indotto ma è la conseguenza di alterazioni della cascata coagulativa che portano alla formazione di microtrombi e al conseguente danno ipossico. L’articolo a cui facciamo riferimento è: Abdallah Flaifel, Melissa Guzzetta, Michael Occidental, Bobby B. Najari, Jonathan Melamed, Kristen M. Thomas;TesticularChangesAssociated With Severe Acute RespiratorySyndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2), ArchPathol Lab Med (2021) 145 (1): 8–9.
Nella nostra esperienza clinica, abbiamo comparato il liquido seminale di 25 pazienti normozoospermici affetti da COVID-19, asintomatici (età media 33.1±6.3 anni e BMI22.7±1.3 Kg/m) in tre diversi momenti: prima dell’infezione da COVID-19, un mese dopo la negativizzazione del tampone e quattro mesi dopo. I risultati (dati non pubblicati) non hanno evidenziato modificazioni statisticamente significative in nessuno dei parametri analizzati (concentrazione spermatica, motilità progressiva, percentuale di forma normali).
L’infezione da SARS-CoV2 condiziona i programmi di fecondazione in vitro?
Una revisione sistematica della letteratura inerente il rapporto tra fertilità maschile e l’infezione da COVID-19 (Mohammad Ali Khalili , Kristian Leisegang , AhmadMajzoub, Renata Finelli , Manesh Kumar PannerSelvam , Ralf Henkel, MoshrefiMojgan , AshokAgarwal. Male Fertility and the COVID-19 Pandemic: Systematic Review of the Literature. World J MensHealth 2020 Oct;38(4):506-520) ha analizzato 15 articoli riguardanti gli outcomes della gravidanza delle donne affette da Covid-19. I risultati hanno mostrato che l’accesso in UTI è stato riportato nell’8.5% dei casi; la mortalità materna ha riguardato lo 0.8% dei casi mentre la mortalità perinatale l’1.5% dei casi; parto pretermine si è verificato nel 33.2% dei casi; i neonati con basso peso alla nascita sono stati il 7.6% e di questi il 30% ha richiesto l’accesso in UTIN; la trasmissione verticale dell’infezione si è verificata nel 2.3% dei casi.
Uno studio condotto dalle università di Modena e Reggio Emilia si è concentrato su 431 coppie richiamate per la riprogrammazione della PMA sospesa a causa del lock-down evidenziando che di queste, il 7.9% aveva ottenuto una gravidanza spontanea durante il lock-down. Confrontando le caratteristiche generali di queste coppie rispetto alle coppie che non sono riuscite ad ottenere gravidanza spontaneamente, è emerso che le prime avevano una età della partner significativamente minore, una storia di infertilità più breve e una frequenza di rapporti sessuali significativamente maggiore. Questi dati suggeriscono che una possibile causa, poco considerata, di infertilità potrebbe essere una ridotta frequenza dei rapporti sessuali, soprattutto in quelle coppie che hanno minori fattori di rischio per infertilità.
Durante il corso della pandemia da SARS-COV2, si sono susseguite diverse indicazioni dell’ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) riguardo le attività di procreazione medicalmente assistita: mentre la prima reazione alla pandemia è stata quella di interrompere o rimandare qualsiasi cura, e addirittura in fase iniziale, suggerire di evitare la gravidanza in tutte le donne in età fertile, in seguito è progressivamente iniziata una prudente riapertura e il 23/4/2020 prendeva il via la “fase 2” e veniva stabilito che le attività di ART potessero essere riprese nel rispetto delle norme locali.
Per quanto riguarda la valutazione dell’impatto dell’infezione da SARS-COV2 sull’ART, sono certamente necessari ulteriori studi, ma è opinione condivisa che le tecniche di procreazione medicalmente assistita dovrebbero essere attuate ponendo in atto strategie integrate di valutazione e mitigazione del rischio anche al fine di massimizzare la messa in sicurezza di pazienti e operatori sanitari.
Anche riguardo il capitolo della criopreservazione le conoscenze sono ancora limitate e l’ipotesi più accreditata è che essa possa rappresentare un momento di cross-contaminazione con il virus. In particolare, nel maggio 2020 Amir Arav (Letter To Editor; Journal of Assisted Reproduction and Genetics (2020) 37:1543) suggeriva di mettere in atto alcuni accorgimenti durante la procedura di criopreservazione, al fine di minimizzare il rischio di contaminazione con il virus: impiegare sistemi di vetrificazione a sistema chiuso, effettuare la conservazione in azoto liquido sterile o vapore, oppure di impiegare azoto liquido sterilizzato con raggi UV o in alternativa aria liquida sterile per il raffreddamento e lo stoccaggio. In aggiunta, il lavaggio, la separazione e lo stoccaggio (quarantena) in un contenitore separato o in un contenitore speciale dovrebbero essere effettuati come misure di sicurezza.
La vaccinazione ha effetti sulla qualità seminale?
Per rispondere, solo preliminarmente e con molta cautela, a questo quesito, facciamo riferimento ad uno studio su condotto su 36 coppie sottoposte a tecnica di fecondazione in vitro dopo aver ricevuto il vaccino a mRNA contro il virus SARS-COV2 per valutare l’impatto della vaccinazione sugli outcomes riproduttivi, nel quale viene evidenziato come non ci sia alcuna differenza statisticamente significativa, nemmeno in termini di parametri spermatici.
Una recentissima Research Letters pubblicata su JAMA (JAMA. 2021 Jun 17. doi: 10.1001/jama.2021.9976. Epub ahead of print. PMID: 34137808), conferma che i vaccini a mRNA non abbiano effetti peggiorativi sui parametri seminali. Si tratta di uno studio monocentrico di tipo prospettico effettuato presso l’Università di Miami che ha reclutato 45 uomini sani con età media di 28 anni. In tabella si evidenzia addirittura un miglioramento statisticamente significativo dei parametri spermatici convenzionali ottenuti mediamente a distanza di 75 giorni dalla seconda dose.
Conclusioni
Il SARS-CoV2 è presente nel seme? No, tranne in fase acuta di infezione.
Il SARS-CoV2 può trasmettersi per via sessuale? No, tranne in fase acuta di infezione.
L’infezione da SARS-CoV2 peggiora la qualità del seme? No, tranne in fase acuta di infezione.
L’infezione da SARS-CoV2 condiziona i programmi di fecondazione in vitro? Si. È suggerita la vaccinazione della coppia.
La vaccinazione ha effetti sulla qualità seminale? Dati preliminari suggeriscono di no.
Gli autori
Sandro La Vignera, Rosita A. Condorelli, Sarah Perelli, Rossella Cannarella, Aldo E. Calogero UO Endocrinologia Policlinico G. Rodolico Università di Catania