Allo studio nuovi farmaci mirati
Cellule anomale, molto grandi perché il nuovo coronavirus le spinge a fondersi con le cellule vicine e capaci di persistere a lungo: è così che i polmoni vengono danneggiati nei malati di Covid-19. Lo ha scoperto la ricerca pubblicata sulla rivista Lancet eBioMedicine e condotta fra Italia e Gran Bretagna, da King’s College di Londra, Università di Trieste e Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologie (Icgeb) di Trieste. Si apre così la caccia una nuova classe di farmaci in grado di impedire la formazione di questi aggregati di cellule (sincizi) e di stimolare l’eliminazione del virus, bloccando la trombosi.
La ricerca è già iniziata nei laboratori del King’s College di Londra diretti dal coordinatore dello studio, Mauro Giacca. La ricerca si è basata sull’analisi del tessuto dei polmoni prelevato nelle autopsie di 41 pazienti deceduti per Covid 19 in febbraio e in aprile e ha permesso di individuare le caratteristiche che contraddistinguono la polmonite da Covid-19 e che potrebbero essere responsabili della difficoltà che molti dei pazienti che sopravvivono alla malattia sperimentano nel ritorno alla normalità, ossia la cosiddetta “sindrome del Covid lungo”.
“Siamo molto stimolati da queste osservazioni – ha rilevato Giacca – perché la persistenza del virus per tempi molto lunghi dopo l’infezione e la presenza di queste cellule fuse, che in medicina chiamiamo sincizi, possono spiegare perché il virus causi tanta infiammazione e trombosi”.