Gli specialisti: “Utile lo screening degli adulti, specialmente negli over 55”
Via libera all’attività fisica, ma condizionata ad un’adeguata valutazione del singolo caso da parte del cardiologo, per gli oltre 100.000 pazienti affetti in Italia da cardiomiopatia ipertrofica, malattia genetica che porta ad un ingrossamento del cuore. Il sì arriva dalle nuove linee guida europee, in discussione al ‘Florence International Symposium on Advances in Cardiomyopathies’, organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini e l’Università di Firenze nel capoluogo toscano.
Chi è affetto da questa malattia ha una mutazione genetica che funziona come una sorta di ‘doping’ naturale per il cuore, che si ingrossa. All’inizio è spesso asintomatico e anzi può consentire performance sportive d’eccellenza per alcuni anni, ma con l’andare del tempo diventa più fragile perché si può sfiancare: per questo l’esercizio fisico era stato finora sconsigliato a questi pazienti. “Finora si raccomandava ai pazienti di non praticare sport – spiegano Franco Cecchi dell’Istituto Auxologico di Milano e Iacopo Olivotto, dell’Università di Firenze – temendo un maggior rischio di aritmie e morte cardiaca improvvisa. In realtà una restrizione indiscriminata per tutti i pazienti non è giustificata”. Quanto all’attività sportiva in generale invece, gli specialisti hanno visto che, per intercettare chi soffre di questa anomalia, è utile lo screening degli adulti, specialmente negli over 55. Lo indica uno studio italiano condotto su oltre 30.000 sportivi dagli 8 anni in su, da cui emerge che lo screening è meno necessario nei più piccoli perché appena 2 su 10.000 presentano alterazioni strutturali. “Le anomalie che predispongono alla morte cardiaca improvvisa sono rare in bambini e ragazzi – continuano Cecchi e Olivotto – Uno screening con ecocardiografia associata alla consueta visita medico-sportiva, non è perciò utile nei più giovani in termini di costo-beneficio”. Diverso è il caso degli adulti visto che le anomalie sono state identificate soprattutto dopo la pubertà e negli over 55: fra i 19 e i 35 anni infatti il 19% è stato inviato all’ecocardiografia e solo nel 2% l’esame di approfondimento ha evidenziato anomalie; negli over 55 i dati salgono rispettivamente al 38 e all’11%.