Sono 295 le imprese che operano nel settore delle biotecnologie applicate alla salute dell’uomo, rappresentano oltre la metà delle imprese biotech italiane (52%). Questa la fotografia dell’indagine condotta da Assobiotec (Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie) ed Enea.
Secondo i dati relativi al 2017 le imprese biotech italiane si confermano un comparto fortemente innovativo e dedito alla ricerca, con eccellenze in tutti i settori di applicazione delle biotecnologie. In particolare, nel rapporto “Le imprese di biotecnologie in Italia” emerge il ruolo delle imprese biotech dedicate alla salute come più attive e davvero innovative nel panorama italiano. Il comparto salute genera, infatti, una quota preponderante del fatturato, corrispondente a oltre 8 miliardi e mezzo (74% del totale) a fronte di più alti investimenti (91%) e di una maggiore quota di addetti (76%) impiegati in ricerca e sviluppo biotech.
Il rapporto mette in luce lo studio delle patologie oncologiche e malattie neurologiche come il più dinamico dal punto di vista terapeutico, clinico ed epidemiologico. Grandi investimenti sono indirizzati anche verso le malattie infettive e lo sviluppo di vaccini.
I vaccini sono passati dal 5% all’11%, più che duplicati rispetto alla precedente rilevazione Assobiotech del 2016. A questi si aggiungono i due vaccini a DNA che rientrano nella categoria delle terapie geniche (un vaccino oncologico per il linfoma B e uno profilattico per il Lupus Eritematoso).
E’ però nella ricerca sulle malattie rare che si rivela l’eccellenza del biotech italiano: è questo l’ambito in cui la ricerca accademica conta il maggior numero di pubblicazioni scientifiche. Primato anche nelle terapie avanzate autorizzate al commercio in Europa: 3 su sei sono frutto della ricerca italiana.
Un settore vitale che nell’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppa si mostra in linea con quanto avviene a livello globale, dove è stata rilevata una ripresa degli investimenti nel farmaceutico.