Arte: figlia della dieta mediterranea

I rapporti tra arte e natura hanno radici e articolazioni antiche e di lungo corso. Tuttavia è la dieta mediterranea a segnarne il passo.

La dieta mediterranea è, innanzitutto, un flusso di storie narrate alla scoperta dell’arte di mangiar bene per vivere a lungo e in buona salute. Quasi sempre non riguardano direttamente il singolo cibo, come il caso di Omero che nell’Odissea raramente si è  soffermato su come si nutrivano Ulisse e compagni. Preferiva le gesta più che l’umile attività del mangiare. Anche per lui valeva il principio che il cibo fa notizia per la sua mancanza più che la descrizione di un rancio servito a puntino.

Per gli animali il cibo è un’esigenza insopprimibile per cui nutrirsi è istinto fondamentale. L’uomo, invece, è un animale culturale e sa scegliere i cibi oltre per le calorie per il gusto, perciò dipendente dalla sua intelligenza oltre che dalla disponibilità che il territorio fornisce. L’alimentazione ha una valenza sociale e culturale per cui ancor prima di arrivare nello stomaco del singolo individuo, deve nutrire la mentalità collettiva.

La storia della dieta mediterranea inizia dalla “Mezza Luna Fertile”, poi denominata “Arabia Felix” dai Romani, un’area che si estendeva a sud dell’Anatolia, l’attuale Turchia, un tempo territorio verdissimo e irriguo che includeva anche la Mesopotamia delimitata dai due importanti corsi d’acqua che nascono tra i monti dell’Anatolia orientale, il Tigri e l’Eufrate. È in questa area, per una casuale concomitanza di circostanze favorevoli che l’uomo moderno con la sua organizzazione, attività e struttura sociale iniziò il suo cammino di civiltà. I suoi abitanti erano inizialmente dei cacciatori-raccoglitori, ma quando gran parte della selvaggina fu sterminata e i cambiamenti climatici ne ridussero ulteriormente la popolazione, l’uomo fu costretto a darsi alla pastorizia e all’agricoltura. Il cambiamento non fu facile né indolore: il lavoro di agricoltore è duro, continuo e dai proventi incerti, mentre dalla caccia e dalla raccolta di frutti spontanei si ottengono risultati senza gran fatica. Tuttavia la scelta “agricola” si dimostrò vincente e con l’agricoltura fu possibile moltiplicare la densità di popolazione. Il conseguente surplus della produzione agricola permise la formazione di caste, con individui liberi dai lavori dei campi e dediti all’organizzazione della società, alle pratiche religiose, all’industria, alla guerra e all’arte con nuclei urbani sempre più popolosi e dipendenti dalla produzione agricola esterna.

Il clima delle regioni del mediterraneo, è pressoché uniforme, caratterizzato da forti escursioni termiche stagionali con inverni piovosi e miti ed estati calde, lunghe e secche. La scoperta del fuoco è stata fondamentale ma l’uso dei recipienti ha fatto nascere la cucina.

Alla civiltà Fenicia è attribuita la scoperta, anche se casuale, del vetro e del bronzo materiali usati sia per la produzione di vasellame vario sia per la preparazione e conservazione del cibo. A loro è attribuita anche la grande espansione di tratte commerciali per mare e di terra sviluppatesi per far fronte ai fabbisogni emergenti di una società sempre più numerosa e complessa.
Grazie ai Fenici il Mediterraneo si unisce nel paesaggio con i gli ulivi e la vite, nel linguaggio con i suoi vocaboli, gli ingredienti, le regole grammaticali, le ricette, e la sintassi, ovvero la combinazione e l’ordine delle vivande.

È questo il modo in cui il cibo e l’alimentazione diventano arte. Omero nell’Odissea usa spesso formule come “dopo che si furono tolti la voglia di mangiare e di bere”, quasi condividendo il piacere dei suoi personaggi e attribuendo al cibo molte altre funzioni divenendo segno, linguaggio, comunicazione. Il cibo è consacrato ad una funzione simbolica per cui i sacrifici e i rituali esigono determinati cibi e bevande: cosce di toro in sacrificio a Poseidone, grani d’orzo quando si invoca Atena, giovenche per Zeus e per accedere all’Ade, nell’oltretomba, Ulisse dovrà offrire una libagione a tutti i morti.
Successivamente, con Ippocrate l’alimentazione diventa arte medica.

Nasce la dieta mediterranea, fatta di paesaggi, abitudini, stili e combinazioni alimentari comuni fra tutti i popoli che si affacciano sul “Mare Nostrum” i cui effetti benefici sulla salute, che non dipendono dai singoli cibi, sono ormai noti anche alla moderna comunità scientifica. Nasce così la “civiltà” e con essa l’arte che ci ricorda come l’uomo somiglia di più a grano, olivo e vite, cioè alle piante, che non ai suoi edifici, alle sue città e alla sua pittura.

 

 

Nicola Giocondo è agronomo e divulgatore agricolo. Dopo la laurea in Scienze agrarie a Portici nel 1984, ha iniziato l’attività professionale con la ricerca applicata presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici che ha lasciato per iniziare la carriera di divulgatore agricolo presso la ConfColtivatori, poi Cia, della Campania e successivamente presso la Regione Campania dove è tuttora inquadrato come funzionario. È stato membro della Commissione Nazionale per il benessere Animale presso il Ministero della Salute e per conto del Ministero della Ricerca scientifica ha svolto attività di tutoraggio in progetti di ricerca riguardanti in particolare l’olio di oliva e il frumento. Ha svolto attività di consulenza presso importanti enti pubblici come le Ferrovie dello Stato. Per la Regione Campania si è occupato della definizione e delimitazione delle Aree Rurali di Pregio.