Pinto: “Oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce guarisce”
La combinazione di immunoterapie migliora la sopravvivenza rispetto a vari tipi di tumore. Il 48% dei pazienti con tumore del rene trattati in prima linea con la combinazione di molecole immunoterapiche nivolumab e ipilimumab è vivo a 5 anni.
Un risultato importante per questi pazienti. E nel mesotelioma, il 23% è vivo a 3 anni, sempre grazie a questo approccio in pazienti mai trattati prima. Anche in questo caso si tratta di un risultato che gli oncologi definiscono “unico”.
I dati derivano dagli studi CheckMate -214 e CheckMate -743, presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) e approfonditi oggi in un press briefing virtuale promosso da Bristol Myers Squibb.
Nel 2020, in Italia, sono stati stimati 13.500 nuovi casi di tumore del rene e più di 144mila persone vivono dopo la diagnosi. La forma più frequente è quella a cellule renali.
“Oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce guarisce – afferma Carmine Pinto, Direttore Oncologia Medica Comprehensive Cancer Centre AUSL-IRCCS di Reggio Emilia -. Però il 30% arriva alla diagnosi già in stadio avanzato e, in un terzo, la malattia può recidivare in forma metastatica dopo l’intervento chirurgico. Storicamente, la sopravvivenza a 5 anni nella malattia avanzata o metastatica non superava il 13%. Oggi invece, grazie alla combinazione delle due molecole immuno-oncologiche, quasi la metà è viva a 5 anni. Lo studio di fase 3 CheckMate -214 ha coinvolto 1.096 pazienti. La combinazione di immunoterapia migliora e allunga dunque nettamente la speranza di vita a lungo termine per questi pazienti”. La combinazione ha inoltre evidenziato miglioramenti nella sopravvivenza globale in sei studi di fase 3 relativi a 5 diversi tumori: oltre al carcinoma a cellule renali, il tumore del polmone non a piccole cellule, il melanoma, il cancro dell’esofago a cellule squamose e il mesotelioma pleurico.