Artibani, segretario generale della Siu: “Nel 25-30% delle volte si manifesta già in fase avanzata”
“Colpisce quasi 14 mila italiani ogni anno e la diagnosi è spesso tardiva perché è un male che resta in oltre la metà dei casi silente per gran parte del suo decorso”. Sono i dati resi noti dalla Società italiana di urologia in occasione del 17 giugno, Giornata mondiale del tumore del rene organizzata dalla International Kidney Cancer Coalition. Attenzione ai sintomi “sentinella” più comuni: disturbi della minzione, presenza di sangue nell’urine, dolore localizzato nella zona lombare.
“Si tratta – spiega Walter Artibani, segretario generale della Siu – di una neoplasia che spesso resta silente per la maggior parte del suo corso, si individua in modo occasionale in oltre la metà dei casi e nel 25-30% delle volte si manifesta già in fase avanzata. Eppure oltre il 50% dei pazienti guarisce, se diagnosticato in fase precoce”. “Di qui – continua – il ruolo cruciale dell’urologo, che nella grande maggioranza dei casi è la prima figura specialistica che incontra il paziente, nelle periodiche visite di controllo in caso di disturbi della minzione oppure dolore renale causato da calcoli”. “L’urologo non è solo il medico dei maschi – conclude Artibani – anche se i numeri del tumore del rene lo classificano come a maggioranza maschile (9 mila casi tra i maschi contro la metà nelle donne)”. “Nei casi in cui la malattia neoplastica è limitata solo al rene sta all’urologo, è necessario consigliare i test diagnostici per immagini e poi scegliere il trattamento”. Osserva Rocco Damiano, ordinario di Urologia e direttore della scuola di specializzazione e Uoc Urologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. “Quando invece la neoplasia è avanzata e coinvolge altri organi vicini o distanti (metastasi) subentra l’oncologo, ma sempre nell’ambito di una valutazione multidisciplinare a garanzia di qualità ed efficienza del percorso diagnostico-terapeutico e assistenziale”, conclude Damiano.