Una iniezione di Medicina Personalizzata nella campagna vaccinale per recuperare fiducia

Come recuperare la fiducia dei cittadini e riprendere a vaccinare in sicurezza

Non si può pensare di chiedere alla gente di “credere” nei vaccini, come ha fatto il direttore generale dell’AIFA sui quotidiani del 16 marzo o come spesso si sente suggerire da esperti di varie branche ogni giorno in Tv. L’imperativo del “bisogna credere” non è un approccio scientifico perché gli atteggiamenti fideistici non appartengono alla dimensione della scienza, che si basa invece su evidenze di prove sperimentali: ed è quelle che bisogna saper comunicare (in questo l’inflazione televisiva di esperti spesso litigiosi non aiuta). La “fede” è questione religiosa e va lasciata fuori dalle discussioni scientifiche. Ma senza scomodare la Chiesa, sarà più difficile chiamare i cittadini ad avere anche solo “fiducia” nel sistema dopo la temporanea sospensione del vaccino AstraZeneca in mezza Europa dopo l’annuncio tedesco, con l’improvvisa “inversione ad u” delle autorità sanitarie italiane nell’arco di poche ore. Una sceneggiata d’incoerenza a cui francamente non si sarebbe dovuto assistere e già definita “l’8 Settembre della campagna vaccinale italiana per le analogie col buio giorno dell’annuncio inatteso dell’Armistizio da parte degli Alleati, con la fuga del Governo e del Re da Roma, lasciando senza ordini migliaia di soldati e disorientati milioni d’Italiani.

E’ fuori dubbio la necessità di riprendere al più presto a vaccinare gli italiani, ristabilendo criteri di priorità più appropriati rispetto a quelli utilizzati finora, vista la scarsità di vaccini disponibili, che non permette di porsi al momento l’obiettivo di immunizzare l’intera popolazione (inaccettabile penuria di mezzi che vede di certo la responsabilità della precedente catena di comando). L’obiettivo attuale dovrebbe quindi spostarsi sul vaccinare i soggetti più a rischio – per età o patologie – di incorrere nelle complicanze del COVID-19 al fine di ridurre rapidamente i ricoveri ordinari e in terapia intensiva. Inoltre, il piano vaccinale andrebbe rifasato per prevedere una singola dose e la valutazione dell’immunità post-vaccinale, riservando la seconda dose solo a chi non ha sviluppato anticorpi. Non possiamo farne un discorso di costi, tanto preziosi sono i pochi vaccini che abbiamo in “armeria” e potremmo risparmiare molti effetti collaterali dovuti alle seconde dosi vaccinali somministrate in aderenza a protocolli registrativi di tipo emergenziale: le aziende non potevano rischiare di avere soggetti che non sviluppavano anticorpi per via dell’urgenza di registrare il vaccino presso gli enti regolatori ed è normale che abbiano disegnato studi che prevedevano duplice somministrazione e in tempi ravvicinati per tutti i soggetti arruolati. Così, ad esempio, l’intervallo tra prima e seconda dose per il vaccino Pfizer viene indicato in “almeno tre settimane”. Spetterebbe ai tecnici – che ieri affiancavano e oggi consigliano i vertici decisionali – declinare la parola “almeno” nella direzione di un uso immediato di singole dosi, per poter minimizzare gli eventi avversi e garantire una più amplia platea di vaccinati smettendo di conservare nei frigoriferi centinaia di migliaia di fiale per le seconde dosi.

Certamente c’è da aspettarsi che l’EMA sblocchi la situazione nelle prossime ore decretando l’impossibilità di riscontrare un nesso causa-effetto tra gli eventi avversi fatali e le somministrazioni vaccinali (infatti nessuno dei 500 morti segnalati al sistema di sorveglianza inglese ha potuto essere accertato come correlato al vaccino). In ogni caso, per quanto rassicuranti saranno le comunicazioni delle stesse autorità che hanno sospeso il vaccino, inevitabile sarà il crollo di popolarità del preparato di AstraZeneca rispetto a quelli di Pfizer e Moderna che non hanno colpito l’opinione pubblica quanto ad effetti collaterali, che pure sono stati numerosi, come registrato dal sistema di sorveglianza europea Eudrasurveillance. Insomma, si ha l’impressione che l’ondata emotiva amplificata dai media sia stata cruciale nel determinare questo temporaneo stop. C’è da chiedersi pertanto cosa rispondere a chi denuncerà il rischio di disparità nell’accesso ai diversi preparati vaccinali per acquisire un’adesione convinta da parte dei cittadini. Abbiamo innanzitutto bisogno di una nuova iniezione di fiducia per superare le criticità emerse in questa falsa partenza delle vaccinazioni in Italia, che è sotto gli occhi di tutti.

Medicina Personalizzata: l’approccio vincente

Una possibile risposta potrebbe consistere nello sforzo di conciliare la tanto sbandierata frontiera della Medicina Personalizzata con il più tradizionale approccio della campagna vaccinale di massa. A tal fine, proprio trovare una formula per conciliare approcci di Medicina Personalizzata con la vaccinazione di massa potrebbe consentirci di riprendere a vaccinare in sicurezza e con l’adesione consapevole da parte dei cittadini. Spieghiamoci meglio: se il sistema di prenotazione continuerà a funzionare bene, perché dovrebbe essere impossibile ai cittadini presentarsi al medico vaccinatore con qualche semplice analisi del sangue, inclusi gli indici generali dello stato di coagulazione?

Ciò consentirebbe ai medici sul campo (incaricati di acquisire il consenso e l’anamnesi) di identificare eventuali stati di alterazione della coagulazione (verso un potenziale rischio trombotico o all’opposto emorragico), anche solo transitori e dovuti all’assunzione di farmaci o alimenti specifici. Tanto più che stanno per scendere in campo come vaccinatori anche i medici di famiglia nei propri studi, che hanno maggiore conoscenza delle situazioni individuali dei loro assistiti. Potrebbe altresì essere valutata con esami sierologici anche la presenza di una pregressa immunità al COVID dovuta ad infezioni anche non diagnosticate a decorso paucisintomatico ai fini di un eventuale differimento della vaccinazione (se raccomandato o indicato).

La prescrizione di semplici esami del sangue non è fuori dai compiti dei medici di famiglia e degli specialisti che già assistono i cittadini per ogni necessità. Perché tutto ciò non può essere fatto e non potrebbe essere ragionevole oltre che praticabile? Non si tratterebbe che di accedere a una normale prescrizione di esami di laboratorio attraverso gli usuali canali dei medici di famiglia o degli specialisti che hanno in cura i pazienti. Perché dovrebbero essere sollevate delle pregiudiziali di infattibilità? Nemmeno la scusa dei “costi” può reggere viste le enormi perdite che stiamo subendo dalla pandemia (oltre che gli investimenti ingenti stanziati) e se la priorità è quella di tutelare per davvero la salute dei singoli, pur nel quadro di una campagna di popolazione.

Introdurre degli elementi di approccio tipici della Medicina Personalizzata potrebbe, a ben vedere, risolvere le problematiche sottostanti alla grande “chiamata alle armi” (che si concretizza nella vaccinazione per tutti i cittadini) in questa che è stata definita una vera e propria guerra al COVID. In tal modo, sarebbe superata la percezione di ricevere “iniezioni alla cieca” e si potrebbero anche individuare eventuali soggetti a maggior rischio di effetti collaterali, che i medici curanti potrebbero persino decidere di sottoporre ad eventuali semplici profilassi post-vaccinali, qualora utili, appropriate o condivise dalle società scientifiche di settore (non necessariamente farmacologiche, ma anche basate su modifiche di stili di vita o assunzione di alimenti e bevande). Al contempo, i cittadini recupererebbero la necessaria fiducia nei confronti della campagna in corso, a tutto vantaggio della rapidità di acquisizione dell’agognata “immunità di gregge” che ci porterà fuori dalla pandemia.

Si tratta di una proposta e come tale suscettibile di miglioramento o anche criticabile da parte di chi può avere delle opinioni diverse. Se ne può discutere e arrivare a definire come far “cambiare passo”, sotto la direzione del neo-commissario all’emergenza Covid generale Figliuolo, a questa campagna vaccinale che ha subito una brusca battuta d’arresto. Quel che non possiamo permetterci è far finta di niente, come se nulla fosse accaduto continuando così ad accrescere la confusione nella popolazione e tra gli operatori. Certamente aiuterebbe il Governo poter disporre di un comitato tecnico-scientifico ben assemblato, composto da medici specializzati in virologia (giacché il titolo di virologo è stato concesso con larghezza di manica sui mezzi d’informazione), così come da immunologi e clinici, provenienti da grandi strutture operative (come il Laboratorio di Virologia dell’ONU di Trieste diretto dal virologo Alessandro Marcello), ospedaliere ed ambulatoriali, in grado di ragionare in termini di Medicina Personalizzata. Non sappiamo chi abbia firmato il precedente Piano vaccini, ma sarebbe urgente che medici di grande preparazione e credibilità ne predisponessero immediatamente una rimodulazione che tenga conto dei mutati contesti epidemiologici e della disponibilità di vaccini, oltre che dell’accettabilità da parte della popolazione. Non dimentichiamo che in meno di tre mesi abbiamo già registrato 25.000 morti solo in Italia, continuando a bruciare posti di lavoro e tessuto economico. Bisogna far presto!

 

di
Prisco Piscitelli, medico epidemiologo vicepresidente Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e ricercatore ISBEM (Bruxelles), e Loreto Gesualdo, professore ordinario di Nefrologia e preside della scuola di Medicina dell’Università di Bari