Covibesity: la nuova pandemia nei bambini

Il decalogo elaborato dagli esperti dell’Università Federico II di Napoli

Dal sonno sereno alla dieta mediterranea, dall’attività ludica attiva ad un limite di ore davanti ai tablet. Ci sono dieci regole auree nel Decalogo anti obesità redatto dal Centro di Allergologia Pediatrica dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, diretto dal prof. Roberto Berni Canani, e ideato per contrastare quella che molti ricercatori statunitensi hanno definito già la “nuova pandemia nei bambini”: la “covibesity”. Il decalogo è stato appena pubblicato online in vista del World Obesity Day, la giornata mondiale dell’obesità del 4 marzo.Si tratta di un’emergenza che può avere un impatto particolarmente grave in Italia dove l’obesità infantile rappresenta già un grave problema di salute pubblica con molti risvolti di carattere sociale.
Il sistema di sorveglianza di rilevanza nazionale “OKkio alla SALUTE”, ha stimato, infatti, nella sua ultima rilevazione, che in Italia il 20,4% dei bambini è in sovrappeso mentre il 9,4% è obeso.

“Purtroppo la pandemia da Coronavirus sta concorrendo ad aggravare ulteriormente questo quadro – spiega Roberto Berni Canani, professore di pediatria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e tra i massimi esperti italiani di allergologia, gastroenterologia e nutrizione pediatrica – determinando il peggioramento di una già instaurata condizione di obesità o promuovendone l’insorgenza. L’isolamento domiciliare di questo primo anno di emergenza Coronavirus ha comportato delle rilevanti variazioni dello stile di vita, sia in termini di alterazioni dell’equilibrio energetico, sia in termini di benessere psicologico, incrementando il rischio di depressione, stress e noia. Stress e turbolenze emotive che si associano anche al fenomeno così detto “comfort eating”: l’assunzione di alimenti ricchi di zuccheri e alimenti appetibili rappresenta un meccanismo inconscio di automedicazione contro gli stimoli negativi, a seguito del rilascio di serotonina che ha un effetto benefico sull’umore”.

Lo studio

L’analisi condotta dal Centro di Allergologia Pediatrica del Policlinico federiciano evidenzia come la combinazione di questi comportamenti con la didattica digitale, l’interruzione delle attività sportive programmate e l’aumento del tempo trascorso davanti agli schermi di PC, tablet e smartphone, abbia causato un significativo aumento della sedentarietà. E numerose evidenze scientifiche indicano una relazione tra ore di tempo trascorso davanti allo schermo e rischio di sviluppare obesità e complicanze cardio-metaboliche, verosimilmente perché questo comportamento, oltre a sottrarre tempo all’attività fisica, può associarsi più di tutti gli altri ad un’alimentazione eccessiva e scorretta.Tali condotte errate dello stile di vita sono state ampiamente dimostrate anche in numerosi studi effettuati negli ultimi mesi durante il “lockdown”, nei quali è stato evidenziato un incremento significativo nel numero di pasti giornalieri e dell’assunzione di patatine fritte, carne rossa e bevande zuccherate, rispetto al periodo antecedente la pandemia. Inoltre, è stato descritto un aumento significativo del tempo trascorso davanti allo schermo, associato ad una riduzione significativa dell’attività fisica.

“L’azione congiunta di questi comportamenti – evidenzia Berni Canani – aumenta il rischio di obesità e la conseguente infiammazione cronica che, insieme ad altri fattori quali dislipidemia, ipertensione, diabete possono anche peggiorare le difese dell’organismo nei riguardi del Covid-19. E, del resto, le prime evidenze scientifiche confermano il ruolo dell’obesità quale fattore ‘aggravante’ della prognosi dell’infezione da Sars-CoV-2, il virus responsabile del COVID-19. I pazienti obesi, anche giovani, hanno molte più probabilità di sperimentare gravi complicanze della malattia”.