“Combattere con ogni mezzo la pandemia”, è questo il primo impegno a cui si sente chiamato Mario Draghi in qualità di presidente del Consiglio, come ha spiegato questa mattina nel suo discorso programmatico in Senato. Nel suo primo intervento politico Draghi ha più volte paragonato l’emergenza sanitaria a una guerra, e la ripresa post-Covid a una “nuova ricostruzione”: “L’Italia si risollevò dal disastro della Seconda Guerra Mondiale con orgoglio e determinazione e mise le basi del miracolo economico grazie a investimenti e lavoro”. Ma il parallelismo non è solo economico e viene richiamato anche nei numeri delle morti legate al virus: 92.522 tra i cittadini e 259 gli operatori sanitari, fenomeno che, mette in guardia il presidente del Consiglio, “i dati ufficiali sottostimano”.
Mentre sule cifre esatte della pandemia il premier ha avuto qualche incertezza durante la discussione in Aula, non ci sono state esitazioni nel tracciare il bilancio dell’effetto del Covid-19 sul Sistema sanitario nazionale e sulla salute di tanti italiani: “L’aspettativa di vita – spiega Draghi – a causa della pandemia ha registrato un calo mai visto dai tempi delle due guerre mondiali”.
Corsa al vaccino
Anche se sembrava terminata, e vinta, la corsa al vaccino non è ancora finita: la prima sfida legata alla campagna vaccinale per Draghi è ottenere la quantità sufficiente di dosi e in seguito “distribuirle rapidamente ed efficientemente”. Con poche parole il premier ha scelto di non entrare ancora direttamente nella polemica in corso tra le Regioni e lo Stato centrale relativa agli acquisti che alcuni governatori italiani, da Nord a Sud, vorrebbero condurre autonomamente, mettendo da parte la centrale d’acquisto nazionale. È invece intervenuto nel merito delle “primule”: “Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti”, è chiaro il riferimento ai padiglioni annunciati dal commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri. Draghi, al contrario, auspica di usare “tutte le strutture disponibili, pubbliche e private”, una missione che ha la parola d’ordine “velocità”.
Verso un nuovo Sistema sanitario
Velocità che deve essere usata per proteggere individui e comunità sociali dal virus, ma anche per “rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale” in nome di quella rete di servizi di base di cui tanto si è parlato già in tempo di pace. Case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria, sono le strutture chiave che Draghi intende potenziare per rendere davvero esigibili i “Livelli essenziali di assistenza“, allo stato attuale rispettati da sole 11 Regioni, secondo l’ultimo monitoraggio condotto dal Ministero della Salute. La visione di Draghi immagina “la casa come principale luogo di cura”, una possibilità resa fattibile dalla telemedicina e dall’assistenza domiciliare integrata; all’ospedale saranno invece affidate “le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative”. Una soluzione di compromesso per gravare meno sul Sistema sanitario, che divora l’80% dei bilanci delle Regioni, preservando l’assistenza universale.
Ricerca d’eccellenza
Infine, il presidente del Consiglio non ha dimenticato la formazione universitaria e la ricerca: “occorre investire adeguatamente, senza escludere la ricerca di base”. L’unico modo per fermare il costante espatrio dei ricercatori italiani è puntare all’eccellenza: “ovvero a una ricerca riconosciuta a livello internazionale per l’impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici”. Nessuna insistenza su quello che invece è considerato da più parti il vero punto debole della ricerca italiana: la scarsa compenetrazione tra ricerca e impresa, come ha rilevato anche il ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi.
Covid-19: acceleratore di cambiamenti irreversibili
Globalizzazione, pandemia, nuovi modelli economici e nuovi equilibri geopolitici hanno irrimediabilmente mutato il mondo. Il cambiamento introdotto nella società a seguito dell’emergenza Covid-19 a prima vista può essere paragonata a “una lunga interruzione di corrente”, ma Draghi ha anticipato che si tratta di un processo incontrovertibile: “Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così”. Il premier sembra essere stato incaricato, non di traghetterà l’Italia fuori dall’emergenza, ma di guidare quella ricostruzione simil post-bellica e gestire le risorse del Recovery, la cui governace è stata affidata al Ministero dell’Economia e Finanze retto dal banchiere Daniele Franco, già braccio destro di Draghi negli anni della Bce. Un vero piano Marshall, gestito dal più altlantista degli europeisti, parafransando lo stesso Draghi nel punto dedicato ai rapporti internazionali: “Questo governo sarà convintamente europeista e atlantista”.
Sembra davvero il caso di chiedersi, come ha fatto oggi il premier rivolto all’Aula: “Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo?”.
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