Le malattie della tiroide sono strettamente correlate alla fertilità e possono determinare percentuali ridotte di concepimento, aborti spontanei, oltre a diversi problemi al feto e difficoltà di impianto nei trattamenti di fecondazione assistita.
Come ogni anno, dal 25 al 31 maggio si svolge la Settimana mondiale della tiroide, dedicata alla diagnosi, cura e prevenzione delle malattie tiroidee. Secondo la rivista The Obstetrician & Gyneacologist, i numeri che legano le malattie tiroidee ai disturbi della fertilità sono di una certa rilevanza. L’1,5 per cento della popolazione generale femminile è affetta da ipotiroidismo. Di questa, circa il 2,3 per cento delle donne soffre di disturbi della fertilità. Tale patologia, in alcune aree geografiche, ha una prevalenza del 10 per cento nelle donne in età riproduttiva.
Tsh e fertilità
“Per prevenire queste patologie e le loro conseguenze, la prevenzione è di primaria importanza”. Lo ha affermato la dottoressa Daniela Galliano, direttrice del Centro Ivi di Roma. “Molte donne che provano ad avere un bambino – ha proseguito Galliano – ignorano il fatto che la mancata gravidanza può dipendere da un disturbo tiroideo, e questo accade perché spesso non fanno gli adeguati controlli, né a livello di tiroide, né di fertilità. Per quanto riguarda la salute della tiroide, la prima cosa da fare è verificare la quantità di Tsh nel sangue. L’alterazione di tale valore, infatti, è indice di ipotiroidismo o ipertiroidismo, patologie che possono mettere a repentaglio la fertilità. In questo periodo di crisi sanitaria molte persone si sono trovate nell’impossibilità di fare screening o test e le coppie che sono rivolte a noi di Ivi hanno immediatamente compreso l’importanza dei controlli, anche dal punto di vista della fertilità. Per questo, siamo contenti di averi ripreso le attività dando così un contributo attivo alle coppie che desiderano avere figli”.
Lo iodio in gravidanza
Monitorare i livelli di iodio significa controllare il corretto funzionamento della tiroide, in quanto costituente fondamentale degli ormoni tiroidei che svolgono un ruolo di primo piano nello sviluppo del cervello e, durante la vita adulta, nel mantenimento dell’equilibrio metabolico. “In gravidanza – ha aggiunto la dottoressa Galliano – il fabbisogno di iodio aumenta per soddisfare la maggior produzione di ormoni tiroidei necessari allo sviluppo del feto. Anche una lieve iodio-carenza può esporre il feto al rischio di difetti nello sviluppo neuro-cognitivo e ad una possibile condizione di ipotiroidismo fetale e neonatale che, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, determina ritardo mentale e dell’accrescimento”.
Gli strumenti per la prevenzione
La dottoressa Galliano ha ricordato che in Italia, grazie alla Legge n.104/1992, è attivo un programma nazionale di screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito che consente di somministrare la terapia sostitutiva ai bambini affetti da tale carenza entro le prime settimane di vita. “Inoltre, dato che l’ipotiroidismo congenito è la più frequente endocrinopatia dell’infanzia, dal 1999 è attivo un programma nazionale di sorveglianza della patologia (DPCM 9/7/1999) realizzato dal Registro nazionale degli ipotiroidei congeniti presso l’Istituto Superiore di Sanità“, ha concluso la direttrice del Centro Ivi di Roma.