Dopo il Coronavirus ripartiamo dalla Campania Felix

Politica, scienza e mondo economico, insieme possono compiere uno sforzo straordinario perché questo territorio può tornare ad essere la Campania Felix.

Il 24 maggio Papa Francesco avrebbe dovuto incontrare ad Acerra le popolazioni della Terra dei Fuochi.
Negli anni ’80 il biologo Eugene F. Stoemer ha definito questo periodo come una nuova era geologica, l’Antrapocene. Con questo termine indica l’epoca geologica attuale, nella quale all’essere Umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche. Successivamente, nel 2000 il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen ha adottato il termine e affrontato la questione per cui oggi questa è la nuova questione ecologica.

Il potenziamento di strumenti che consentono all’uomo modi e intensità non sono paragonabili a quelli delle generazioni precedenti riuscendo ad alterare in modo visibile equilibri e destini di intere aree e popolazioni: per la prima volta nella storia di questo pianeta il suolo, il sottosuolo e la cappa atmosferica sono modificati da inedite composizioni chimiche, fisiche e biologiche prodotte dall’uomo.

I Latini per indicare l’ampia pianura che si estende dal Garigliano fino alla Penisola Sorrentina, dal Mar Tirreno al Sannio fino a Nocera usavano la parola Campania. È ipotizzabile che il termine provenga dal corrotto campagna, che ancora oggi, nel linguaggio locale designa il terreno coltivato.
Per la ricchezza e la generosità delle sue produzioni Plinio il Vecchio per primo parlò di Campania Felix per sottolinearne la grande fertilità. Lo scempio a cui oggi è stata sottoposta e il suo evidente degrado risalta quotidianamente agli onori della cronaca.

Bisogna trovare una logica per questa impellente necessità ecologica. Una logica che faccia i conti con alcuni stereotipi e modificare il modo di guardare quest’area. Su questo terreno si può misurare la disfatta: errori del passato caratterizzati da comportamenti dissipativi di risorse.
È ancora possibile una discontinuità con il passato, trasformando questo territorio in un laboratorio di cambiamento effettivo.

GIAHS: una strategia agricola tra città e campagna

Al fine di salvaguardare e sostenere i sistemi del patrimonio agricolo mondiale, nel 2002 la FAO ha avviato un’iniziativa per la conservazione dinamica dei sistemi del patrimonio agricolo di importanza globale, i GIAHS, Globally Important Agricultural Heritage Systems. Questa iniziativa promuove la comprensione pubblica, la consapevolezza, il riconoscimento nazionale e internazionale dei sistemi del patrimonio agricolo con l’obiettivo di salvaguardare beni e servizi sociali, culturali, economici e ambientali che questi forniscono agli agricoltori, alle famiglie, ai piccoli proprietari, alle popolazioni autoctone e alle comunità locali. Insomma questa iniziativa promuove un approccio integrato che combina agricoltura sostenibile e sviluppo.

Dopo circa 20 anni i GIAHS già riconosciuti sono paesaggi straordinari di bellezza estetica che combinano biodiversità agricola, ecosistemi resistenti e un prezioso patrimonio culturale.
Situati in siti specifici nel mondo, forniscono in modo sostenibile molteplici beni e servizi, sicurezza alimentare e sostentamento per milioni di piccoli agricoltori.
Questi sistemi agricoli minacciati da molti fattori tra cui i cambiamenti climatici, una maggiore concorrenza per le risorse naturali e interessati da una forte migrazione a causa della bassa redditività economica che ha comportato l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, oggi costituiscono la base per le innovazioni e le tecnologie agricole contemporanee e future. La loro ricchezza culturale, ecologica e agricola mantenute come sistemi unici è evidente laddove sono stati adottati. D’altra parte l’umanità, nell’immediato futuro, avrà sempre più bisogno di nuovi modelli di agricoltura più sostenibile, garanzia di biodiversità locale resiliente e socialmente giusta.

La persona al centro

È illusorio pensare ad azioni di mero miglioramento ambientale senza tentare di consolidare le attività produttive agricole e garantire un reddito adeguato agli imprenditori che vivono nella zona. I programmi non possono limitarsi ad un semplice strumento di ripulitura o di cosmesi estetica i cui risultati, anche se positivi, sarebbero però di breve durata. Questi progetti mirano ad integrare il meccanismo in grado di migliorare, da una parte, il reddito degli agricoltori e, dall’altra, di creare nuove opportunità e occasioni di lavoro.

L’agricoltore agente di difesa del territorio

Affidare l’incarico agli agricoltori della zona garantisce due condizioni essenziali: una più consapevole e affidabile partecipazione ai programmi di rivitalizzazione e la gestione corretta di tutte le iniziative connesse alla nuova realtà assicurando a tutti attività e redditi sufficienti per bloccare e respingere fenomeni di violenza e di malavita organizzata che una realtà disgregata e senza valori favorisce. Affermare, insomma, il valore decisivo della legalità nella società.

Ritrovare la città

Crisi dell’urbano e crisi della città sono state le caratteristiche evidenti che hanno trasformato la Campania Felix nella attuale Terra dei Fuochi. È difficile stabilire quali delle due abbia causato l’altra. In queste aree il formarsi del suburbio, della “non città“, ha coinciso con la fuga dalla campagna, con il crepuscolo della Campania Felix fino ad omologare la città alle sue periferie. Individuare le radici della sua storia, il suo modo di essere e di essere stata rende possibile innescare un riordino capace di recuperare e mantenere quelle peculiarità che le ha da sempre caratterizzate.

La ricerca di ciò che ancora qualifica e distingue il territorio urbano e quello agricolo costituisce l’indispensabile premessa per suggerire un assetto in grado di costruire una migliore funzionalità.
Gli interventi devono essere molto misurati. Non devono più alterare i rapporti territoriali, i sistemi ambientali e paesistici, tipici dell’arca urbana ed evitare il formarsi di quel paesaggio precario, premessa di ulteriore degrado, costituito da innumerevoli ritagli di terreno abbandonati, in attesa di ulteriori interventi edilizi.
In un territorio già cosi diffusamente urbanizzato il tema del paesaggio e dell’uso del suolo, dev’essere affrontato in termini operativi: è ipotizzabile il mantenimento di tutte le attività agricole ma non è auspicabile l’urbanizzazione totale di tutto il territorio.

In questo quadro il ricorso alla struttura storica, intesa quale richiamo culturale, è metodo e strumento per pianificare il futuro. Obiettivo è il mantenimento dell’identità culturale del territorio e la sua struttura storica individuando il processo evolutivo o involutivo che ha conformato l’attuale assetto del territorio urbano favorendo il ritrovamento della città storica con i suoi prolungamenti extra moenia. Perciò c’è anche il territorio, la campagna intesa quale manufatto o artefatto che presenta le stesse caratteristiche o problematiche riscontrabili nel centro storico.
La lettura dell’evolversi del territorio può offrire soluzioni progettuali con l’individuazione delle aree da ri-naturalizzare che svolgono una funzione preminente di riequilibrio ambientale, il ritorno controllato dell’acqua dov’è sempre stata per evitare il dissesto perché deviata dove non è mai stata: ricostruire boschi e vegetazione originaria lungo questi corsi d’acqua consente una prima riconquista del territorio.

Le aree periurbane, quelle che non sono più agricole e non sono ancora urbanizzate, sono, perciò, assai più importanti e decisive di qualsiasi altra zona poiché consentono la riconquista dell’urbano con un loro diverso riutilizzo.
Il bel paesaggio ha il senso di rappresentanza e di comunicazione socioculturale della città: una bellezza non tanto intesa come espressione di valori estetici paesaggistici o architettonici, quanto etici, con i quali si misura la qualità e l’identità di un insediamento.